L’Ultima Fadiga
Il 3 aprile del 2003 va in scena la storia di Cici Bonazzi, un Tiranese che tanti, tanti anni fa, lasciò la sua terra per emigrare in Australia. Ma è anche la storia di tante partenze, di promesse mancate, di illusioni, di conquiste.
Un omaggio ai tanti emigranti che seppero affermarsi ma anche a tutti coloro che semplicemente lottarono per inventarsi un futuro, sia perché stanchi di lottare in una terra troppo povera per sfamarli, sia perché spinti da quella voglia del nuovo che è il motore di ogni spirito libero. Questa rappresentazione scaturisce da una situazione curiosa e inaspettata: la richiesta da parte dell’animatrice culturale e regista Ginetta Soltoggio di preparare un breve tributo per una serata in onore a Cici Bonazzi, noto cittadino Tiranese emigrato in Australia.
Il tempo è poco, solo quaranta giorni; non c’è il tempo per scrivere ma soprattutto per provare e memorizzare un copione. Schiano pensa allora ad una soluzione che suscita nel gruppo incredulità e disappunto: un copione senza testo che si articola su quattro partiture che devono scorrere in perfetta sincronia.
I personaggi, sotto la regia di Pietro Del Simone, si muovono seguendo un copione gestuale il cui ritmo è scandito dai brani musicali che si susseguono per tutta la durata dello spettacolo. Contemporaneamente quattro tecnici si occupano della scenografia dinamica: quattro parallelepipedi di diversa forma e colore vengono assemblati nella totale oscurità e, con l’aiuto di poche inserzioni, diventano un salotto, una nave, un treno, una branda… mentre sullo sfondo corrono le immagini collegate alle vicende narrate. Una sfida ardua per una compagnia che ha esordito come gruppo dialettale, sfida che ha suscitato negli spettatori una risposta corale di commozione e di massimo coinvolgimento, fino alle lacrime.
Il remake del 2008
C’è una cosa che sembra rimasta in sospeso: quella piccola rappresentazione, L’ultima fadiga, nata come un tessera di un puzzle di eventi, sembra meritare un canovaccio più ampio, una dignità che solo un’opera autonoma può dare. Così si decide di riportarla in scena: le partiture vengono riprese, alcuni capitoli della vita di Cici Bonazzi, tagliati in precedenza per ragioni di tempo, vengono reinseriti, con nuove musiche e nuove scene. Se la prima edizione ha una durata di circa 40 minuti, questa raggiunge l’ora.
Per rendere l’opera autonoma, nel 2008, il lavoro viene rivisto, ampliato e preceduto da un cortometraggio di 17 minuti. Questa volta il set è addirittura la stazione di Tirano, che per l’occasione viene chiusa al pubblico. Grazie al contributo dell’associazione di appassionati di ferrovia Ale 883 una locomotiva a vapore arriva da lontano e si ferma al capolinea. I poveri migranti in cerca di fortuna (una trentina di comparse in costume) salgono sulla vaporiera che dopo aver riempito i vagoni di umanità e speranze, riparte sbuffando alla volta di Milano.
Il filmato è entrato a far parte dell’opera multimediale “I segni dell’emigrazione” presentata a Roma il 10 settembre 2009 presso il Circolo del Ministero degli affari Esteri alla presenza del Ministro Franco Frattini e della giornalista e scrittrice Tiziana Grassi (1° premio assoluto al concorso internazionale di letteratura in Toscana 2011).
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